Il Codex Alimentarius, la paura alimentare del nuovo decennio

Sul Codex Alimentarius circolano ipotesi allarmiste e previsioni catastrofiche, ma soprattutto regna il silenzio e la disinformazione. greenMe.it ha cercato di fare chiarezza

Quanti di voi hanno sentito parlare del Codex Alimentarius? Di sicuro pochissimi. Eppure si tratta di un argomento che ci tocca da vicino visto che riguarda la nostra alimentazione e quindi la nostra salute.

Il Codex Alimentarius è un sistema normativo che fissa 3.200 limiti massimi sui residui di pesticidi e farmaci veterinari ed è formato da 200 codici in materia di alimenti e 40 sull’igiene. Quest’opera titanica è frutto del lavoro di una commissione intergovernativa, chiamata appunto commissione del Codex Alimentarius, attualmente finanziata e condotta dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e dall’Organizzazione per gli alimenti e l’agricoltura (FAO). Si tratta dunque di un insieme di norme che determinano gli standard di sicurezza alimentare per 181 Paesi del mondo, circa il 97% dell’intera popolazione del globo.

In ogni Stato queste norme sono però in vigore in maniera parziale, visto che ogni Nazione ha le proprie regole per quanto riguarda la varietà di additivi e la concentrazione massima permessa negli alimenti sia destinati all’essere umano che agli animali. In poche parole il Codex mette a punto gli standard per tutti gli alimenti possibili, siano essi preparati, semipreparati o crudi, e per la distribuzione verso il consumatore. Riguarda inoltre tutto ciò che concerne l’igiene alimentare, gli additivi alimentari, i pesticidi, i fattori di contaminazione, l’etichettatura e la presentazione, i metodi di analisi e di prelievo.

Alle riunioni periodiche del comitato del Codex partecipano i rappresentanti di ogni Paese membro, oltre all’Autorità europea sulla sicurezza alimentare (Efsa) che, su richiesta della comunità UE, controlla che le norme messe a punto siano rispettose dei parametri ritenuti non a rischio per la nostra salute. L’ultima riunione si è tenuta proprio qui in Italia lo scorso mese di luglio e ha portato all’adozione di più di trenta nuovi codici standard internazionali relativi al contrasto dei rischi chimici e batteriologici legati al cibo. La prossima riunione dovrebbe invece svolgersi in Cina dal 15 al 19 marzo 2010.

Il fine di tutto questo lavoro dovrebbe dunque essere unico, cioè proteggere la nostra salute attraverso il controllo su ciò che mangiamo. Fin qua tutto chiaro, ma se proviamo a spingere un po’ più in là l’analisi scopriamo incongruenze e “buchi neri” che dovrebbero quanto meno farci riflettere e che hanno portato alla nascita di movimenti di opinione che cercano, in particolare attraverso il Web, di diffondere più informazioni possibili su quello che possiamo definire un vero e proprio mistero contemporaneo.

Ma procediamo con ordine cercando di sciogliere alcuni nodi sull’argomento a partire dalla data di entrata in vigore del Codex nei Paesi membri del comitato.

Molti, a partire dalla controinformazione, hanno cavalcato l’ipotesi che il Codex sarebbe entrato in vigore il 31 dicembre 2009, ma qualora questa fosse la verità ciò sarebbe accaduto nel silenzio pressoché generale dei mass media. L’avvocato Giuseppe Ursini, copresidente del Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori) ed esperto dei diritti dei consumatori, sostiene infatti che il codice sia già in vigore in Italia dal’inizio del 2010 con tutto il carico di preoccupazioni e di possibili danni per la nostra salute che porta con sé.

Ma c’è di più. Secondo Ursini anche il Codice agricolo nazionale, che entrerà in vigore a febbraio nel nostro Paese, riprende l’impostazione del Codex. Questo nonostante il Ministero delle Politiche agricole, sentito da greenMe.it sull’argomento nei giorni scorsi, abbia dichiarato la totale estraneità del codice nazionale da quello comunitario. In particolare, invece, secondo Ursini, il Codice nazionale riprende a grandi linee quanto previsto dal Codex in materia di OGM: l’art. 36 prevederebbe, infatti, la possibilità di colture transgeniche, senza però imporre vincoli rigidi per evitare contaminazioni alle colture tradizionali. E qui viene il bello. È infatti arrivata fresca fresca la notizia del presunto via libera agli OGM da parte del nostro Paese. Secondo alcuni articoli pubblicati sulla stampa sarebbe infatti imminente (si parla addirittura del 28 gennaio prossimo) il via libera formale alla bozza sugli OGM, che prevede le linee guida per la coesistenza (tra colture tradizionali e colture OGM) richieste dall’Unione Europea, che tuttavia non sono state elaborate dalla grande maggioranza degli Stati membri fino a ieri. All’improvviso arriva dunque la notizia della firma dell’accordo tra lo Stato e le Regioni sull’argomento, cosa alquanto strana visto che fino a qualche tempo fa 16 Regioni italiane si dichiaravano “OGM free”. Al momento non esiste però alcun comunicato ufficiale del governo sull’argomento, ma c’è comunque da chiedersi se su questa decisione abbiano influito le norme del Codex Alimentarius.

Senza andare troppo in là con il discorso ci stiamo avviando dunque sulla strada della globalizzazione di un codice normativo mondiale per il commercio agro-alimentare che di fatto è già globalizzato. Infatti esso nasce proprio con l’intento di appianare la legislazione a livello internazionale per favorire gli scambi commerciali e per tutelare i consumatori con standard riconosciuti a livello internazionale.

Il problema nasce proprio qui. Pur essendo nato a “fin di bene”, quanto messo a punto da questo organismo fa presagire un futuro alquanto inquietante per tutti quanti noi. La causa di tutto ciò, secondo molti organi di informazione alternativa, sarebbe dovuto all’influenza che il Codex avrebbe subito da parte delle lobby agroalimentari dell’industria chimico-farmaceutiche, specializzata nel fornire tutti quegli additivi che risultano, nel migliore dei casi, dannosi a lungo termine per la nostra salute e nel peggiore, altamente cancerogeni se superate certe soglie. Leggendo infatti le norme del Codex ci si accorge di quanto esso sia “permissivo” sull’utilizzo di prodotti chimici da rappresentare un notevole passo indietro nella tutela del consumatore rispetto a molte legislazioni nazionali, compreso quella italiana. È infatti già online la versione web delle “Normative generali del Codex in materia di addittivi alimentari (Gsfa) che consente alle autorità che vigilano sui prodotti, ai consumatori e all’industria alimentare di avere accesso alle ultime informazioni aggiornate sulle norme del Codex riguardo gli additivi alimentari.

Un discorso a parte va fatto sugli ormoni della crescita prodotti da Monsanto e “sostenuti” dal Codex. Secondo alcune direttive contenute nel codice infatti ogni mucca da latte del pianeta dovrebbe venir trattata con l’ormone della crescita ricombinato geneticamente, prodotto dalla Monsanto. Ma è non l’unico “buco nero” di questo insieme di norme. Esso permette infatti che i prodotti contenenti OGM (Organismi geneticamente modificati) non debbano più essere etichettati come tali. E ancora. Nel 2001 12 sostanze chimiche, note per essere cancerogene, sono state vietate unanimemente da 176 Nazioni, compresi gli Stati Uniti. Ebbene, il Codex reintegra 7 di queste sostanze vietate, come l’hexachlorobenzene, la dieldrina, l’aldrina, etc, che potranno essere di nuovo usate liberamente. E poi che dire delle norme che riguardano i prodotti biologici, il cui uso, qualora il Codex dovesse venir applicato interamente, tenderà a scomparire in favore di prodotti di sintesi farmaceutica?

A un’analisi più approfondita si tratta dunque di norme che a tutto sembrano tendere meno che la tutela della nostra salute. Proprio questa riflessione ha portato molti a cercare di rompere la barriera del silenzio e a diffondere più informazioni possibili sull’argomento. È il caso della dottoressa Rima Laibow, direttore medico della Natural Solutions Foundation, che porta al limite estremo questo discorso: prevedendo scenari di “sterminio di massa” qualora tutti i Paesi decidano di aderire pienamente a tutte le direttive del Codex. Questa teoria ha portato alla nascita di un filone “allarmista” che attraverso blog e forum in Rete vuole metterci in guardia sui pericoli che corriamo.

Per Disinformazione.it attravero il Codex Alimentarius le industrie chimico-farmaceutiche, e le lobbies che ne difendono gli interessi, vorrebbero farci ammalare per controllarci meglio. E cosa c’è di più semplice, per far ammalare qualcuno, che dargli da mangiare alimenti velenosi?

A conclusioni più o meno analoghe arriva anche il blog Tanker Eremy. Scopo della creazione del Codex sarebbe infatti quello di ridurre di circa il 92 per cento la popolazione mondiale, causando tumori, patologie cardiovascolari, diabete, malattie da carenza vitaminica: i consumatori saranno costretti a nutrirsi di alimenti irradiati, degradati, demineralizzati e pieni di insetticidi. Secondo quanto si legge sul blog, la F.A.O (Food and Agricolture Organization) e l’O.M.S. (Organizzazione mondiale della Sanità) avrebbero stimato che, con la sola introduzione delle direttive su vitamine e minerali contenute nel Codex, nell’arco di un decennio, si avranno almeno tre miliardi di decessi.

Della stessa idea anche il blog Straker che definisce il Codex il più grande disastro alimentare per la salute umana di tutti i tempi. E che dire dei video che si trovano su Youtube secondo i quali l’applicazione del Codex porterebbe a un vero e proprio sterminio di massa?

Insomma, basta navigare in Rete e digitare su qualunque sito di ricerca le parole Codex Alimentarius per essere inondati di notizie a dir poco preoccupanti che disegnano scenari apocalittici in cui ci ciberemo di alimenti tossici e avremo difficoltà a reperire una compressa di Vitamina C.

Per smentire tali teorie era scesa in campo anche Altroconsumo, l’associazione dei consumatori, che definisce questo filone allarmista una bufala mediatica. Il Codex – chiarisce Altroconsumo – ha come obiettivo principale quello di difendere il diritto dei consumatori ad avere cibo sicuro, di buona qualità e adeguato alla nutrizione. E basta.

Un’ipotesi, dunque, che per quanto inquietante, al momento sembra decisamente lontana vista l’attenzione che alcuni Paesi, compreso il nostro, rivolgono al settore agro-alimentare. Insomma, come sempre bisogna fare attenzione a distinguere bene la realtà attuale dalle previsioni future. Ciò che rimane è il codice scritto, con le sue incongruenze, le sue contraddizioni e le sue pretese di globalizzazione che potrebbero rappresentare un gravissimo passo indietro per noi sulla tutela del consumatore e sulla sua libertà di scelta.

Detto questo cerchiamo di capire come si esprimono le fonti ufficiali sul Codex Alimentarius. greeMe si è messa direttamente in contatto con il Comitato nazionale del Codex, che ha sede presso il ministero delle Politiche agricole. Il funzionario del comitato italiano ha chiesto esplicitamente di non essere menzionato e non lo sarà. Paradossalmente il membro del più importante riferimento nazionale del Codex non sapeva nulla di tutte le “paure” che hanno a che vedere con la totale applicazione delle norme del Codex in Italia e che hanno portato alla nascita di una “controinformazione” a cui chiunque di noi può attingere sul web. Venuto a conoscenza (tramite greeMe, ma non dovrebbe essere il contrario?) della situazione, si è limitato a etichettarla come un puro delirio mediatico che non vale neanche la pena smentire ufficialmente, in quanto “non si parla mica del Corriere della Sera?“. Dalle pochissime dichiarazioni concesse si evince però l’esistenza, nelle norme del Codex, di alcune incongruenze e zone poco chiare. Ma questo lo sapevano già.

Ma andiamo avanti. A dare manforte all’ipotesi di un futuro sempre più “difficile” per il nostro cibo arriva proprio in questi giorni una notizia della Coldiretti sulla decisione di raddoppiare il contenuto massimo ammissibile di aflatossine tossiche nella frutta secca in commercio nell’Unione Europea. Il Comitato dei Rappresentanti permanenti dei 27 Stati membri presso l’UE non si è infatti schierato contro l’innalzamento dei limiti attualmente in vigore in Europa di questa sostanza tossica, aprendo così la strada all’arrivo in Italia anche delle nocciole turche che si sono distinte proprio per gli elevati livelli di contaminazione. Le aflatossine – sottolinea la Coldiretti – sono tossine prodotte da alcuni tipi di muffe che possono essere presenti in arachidi, nocciole, mandorle e pistacchi che secondo gli esperti hanno effetti potenzialmente cancerogeni. L’aumento dei limiti – denuncia ancora l’associazione agricola – serve solo a favorire le importazioni di un prodotto di bassa qualità e sicurezza (c’entrano per caso le norme del Codex?), causando un rischio per i consumatori comunitari e un grave problema per i produttori italiani, che subiscono una concorrenza sleale da parte di Paesi dove non solo non si applicano pratiche agronomiche corrette, ma si utilizzano fitofarmaci vietati in Europa (ancora il Codex?). E ciò anche perché non esiste l’obbligo di etichettatura del prodotto trasformato. La procedura comunitaria prevede che sulla decisione si esprima con proprio parere anche il Parlamento europeo e pertanto – conclude la Coldiretti – l’obiettivo delle forze politiche e di rappresentanza deve essere indirizzato verso una giusta sensibilizzazione degli europarlamentari, perché venga sovvertita una decisione che è pericolosa per i cittadini e negativa per le imprese comunitarie.

Anche il Codacons ha lanciato l’allarme sull’uso, autorizzato dal Codex, degli additivi chimici negli alimenti. “Quello che doveva essere uno strumento a difesa della sicurezza alimentare e della salute dei consumatori – si legge in un comunicatosta rivelando la sua vera faccia“. Secondo l’associazione infatti vengono taciuti i possibili effetti collaterali e il residuo potere nutrizionali degli alimenti trattati con sostanze quali micotossine, idrocarburi aromatici policiclici, desoxynivasol, acrilamide e cadmio. E ancora, il metilmercurio e il piombo. E che dire delle aflatossine? Esse, continua l’associazione, “non sono “potenzialmente” cancerogene, ma SONO cancerogene e basta“. Motivi più che sufficienti per “riparametrare” le norme del Codex, dice il Codacons, “attraverso la realizzazione di accordi che in primo luogo rispettino i prodotti naturali e la loro commercializzazione, ed in secondo luogo tutelino la salute dei consumatori (garantita dall’art. 32 della Cost.) ponendosi al di sopra di interessi privatistici e commerciali di qualsiasi natura e provenienza“.

Insomma la faccenda è molto complessa visto che riguarda la salute – e quindi il futuro – dell’intera popolazione mondiale. Quello che possiamo fare noi consumatori, oltre che leggere le etichette, è tenere sempre occhi e orecchie aperti, cercando ogni volta di portare la nostra conoscenza al di là delle notizie – a volte poche – passate dai mezzi di comunicazioni istituzionali.

Rosamaria Freda

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