La privatizzazione dell’acqua: tra polemiche e contrasti, oggi potrebbe essere legge

Dopo l'approvazione al Senato, il Governo pone la fiducia sul cosidetto decreto Ronchi (o Salva-Infrazioni) che tra le altre impone, all'articolo 15, in attuazione degli obblighi comunitari, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali tra i quali l'acqua, si attende per oggi pomeriggio alle 16:00 la votazione alla Camera che la renderà ufficialmente esecutiva.

Dopo l’approvazione al Senato, il Governo pone la fiducia sul cosidetto “decreto Ronchi” (o “Salva-Infrazioni) che tra le altre impone, all’articolo 15, in attuazione degli obblighi comunitari, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali tra i quali l’acqua, si attende per oggi pomeriggio alle 16:00 la votazione alla Camera che la renderà ufficialmente esecutiva.

La fiducia, come annunciato dall’Aula di Montecitorio il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito, sarà votata su un “maxiemendamento” con testo identico a quello approvato dalla Commissione e dal Senato. Ma contro la privatizzazione dell’acqua si scagliano in molti: dall’opposizione, alle associazioni e addirittura dalla Lega, il grido è lo stesso: “L’acqua è un bene comune“.

Dura la reazione del Pd: “Si sarebbe arrivati subito ad un voto unanime su questo provvedimento se il governo avesse stralciato dal decreto l’articolo sui servizi pubblici locali che non ha il coraggio di discutere né di spiegare alla gente – commenta Marina Sereni del Pd. – “Questa fiducia non è certo motivata dall’ostruzionismo dell’opposizione, ma dalla mancanza di fiducia del governo rispetto ai propri deputati“.

Ed infatti è proprio il famigerato articolo 15 che comprende la gestione dell’acqua a far discutere. Ma cosa prevede? In pratica, anche se nel testo si precisa che la proprietà dell’acqua rimarrà pubblica, la sua gestione dei servizi pubblici sarà conferita “in via ordinaria” a privati attraverso gare pubbliche, mentre la gestione “in house” sarà consentita solo in situazioni eccezionali o in deroga. Il decreto che colpisce l’acqua, lascia invece fuori dalla riforma la distribuzione del gas naturale, dell’energia elettrica, il trasporto ferroviario regionale e le farmacie comunali. Ma andando a intaccare quello che è il bene più “prezioso” perché indispensabile a tutti, il rischio che si teme è quello di una speculazione nella gestione ad opera anche della criminalità organizzata.

Di questo parere è l’Italia dei Valori che già pensa ad un referendum per abrogare l’eventuale norma: “Con la privatizzazione progressiva dell’acqua, e il rischio che essa diventi proprietà di strutture e società private – ha dichiarato il portavoce Leoluca Orlando in una conferenza stampa – i nostri territorio saranno spogliati della democrazia. Pensate a cosa accadrà dove c’è mafia, camorra, e n’drangheta, visto che la criminalità è nata proprio controllando l’acqua sul territorio. Solo che ora non avremo tanti piccoli don che magari controllano i pozzi in un latifondo, ma multinazionali con il monopolio della distribuzione dell’acqua nei centri urbani. Si tratta di una drammatica mortificazione della democrazia. L’Italia dei Valori continuerà ad essere impegnata su questo fronte, sostenendo la battaglia in parlamento, ma al tempo stesso promovendo un referendum – continua Orlando – da abbinare eventualmente a quello contro il nucleare e, in caso, anche a quello contro la prescrizione breve“.
Anche se la maggioranza ci tiene a precisare che non è messo in gioco la natura pubblica del bene acqua, ma solo la cessione ad operatori privati di acquedotti, fognature e dalla depurazione, e che la privatizzazione avverrebbe con l’affidamento a terzi attraverso gare e bandi pubblici, le associazioni non ci stanno ed è da loro che arrivano le critiche più feroci: “Trattare il tema dell’acqua così come si sta facendo in questi giorni in Parlamento è irresponsabile – tuonano Federconsumatori e Adusbef, a cui non va giù né la procedura con la quale si è voluto “liquidare alla svelta la questione” attraverso ipoteci voti di fiducia, né la decisione di passare “da un monopolio naturale a un monopolio privato, senza poter contare, in questo modo, sulla concorrenza di mercato e, secondo l’esperienza che nel Paese già si è fatta, determinando maggiori tariffe per questo servizio”. Senza contare che “tale legge espropria i poteri degli enti locali, e, teoricamente, delle cittadinanze locali in merito al servizio idrico“.

Dal fronte delle associazioni ambientaliste, per il WWF il problema dell’acqua “non può prescindere dall’istituzione delle Autorità di distretto, che rappresentano o possono rappresentare il vero momento di sintesi per la pianificazione di una risorsa fondamentale, anche per le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici“. Così Michele Candotti, direttore generale del Wwf Italia, chiede lo stralcio del “l’art. 15 del dl. 135 e che il governo s’impegni ad avviare urgentemente un confronto nazionale, attraverso degli Stati generali dell’Acqua tra istituzioni e attori non istituzionali per trovare soluzioni condivise“.

L’acqua è un bene comune, il suo utilizzo deve rispondere a criteri di utilità pubblica. Obbligare la privatizzazione del servizio idrico, pertanto, vuol dire intraprendere la strada sbagliata – Anche da Legambiente la posizione è univoca: “La maggior parte delle esperienze di privatizzazione di questo servizio, infatti, non hanno portato al miglioramento della qualità della risorsa, né alla diminuzione dei consumi e dei costi per i cittadini“.

Per Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, Questa legge costituisce l’ennesimo attacco agli enti locali, Regioni e Comuni che saranno privati della possibilità di amministrare il proprio territorio, anche nella gestione di un bene primario come l’acqua, aprendo la strada ad una speculazione privata soprattutto a discapito dei cittadini. Una decisione come questa, inoltre, non tiene conto delle buone esperienze di gestione pubblica, mettendo tutti sullo stesso piano con gravi conseguenze sulla qualità del servizio offerto ai cittadini. Non si capisce, infatti, perché aziende pubbliche che, ancora oggi, garantiscono la qualità del servizio e tariffe contenute debbano ora essere obbligate a trasferire quote importanti dell’azienda a privati o addirittura a riaffidare la gestione ad altri“.

Quello che maggiormente teme l’Associazione ambientalista è che entro i prossimi quindici anni “il 65% del servizio idrico dell’Europa e del Nord America sarà gestito da sole tre multinazionali”, mentre quello che propone è “trovare forme innovative per rendere protagoniste le comunità locali nella partecipazione alla gestione dei servizi idrici, per vigilare sull’applicazione di un esercizio trasparente ed equo, dal punto di vista sociale, ambientale ed economico“.

Anche se probabilmente sarà inevitabile, incrociamo le dita per oggi pomeriggio.

Simona Falasca

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