“Design sostenibile”: intervista all’autore Paolo Tamborrini

greenMe.it intervista Paolo Tamborrini, autore del libro Design sostenibile. Oggetti, sistemi e comportamenti. Architetto, ricercatore e professore del Corso di Laurea in Disegno Industriale del Politecnico di Torino, da quindici anni è studioso di sostenibilità applicata al design.

Ci sono le stampanti 3D e le turbine eoliche, ma anche i cartamodelli di Burda e le graffette Leone tra gli esempi presenti nel libro “Design sostenibile. Oggetti, sistemi e comportamenti” appena edito da Electa e scritto da Paolo Tamborrini, architetto, ricercatore e professore del Corso di Laurea in Disegno Industriale del Politecnico di Torino, da quindici anni studioso di sostenibilità applicata al design.

Il design sostenibile non nasce oggi nell’urgenza ambientale e nelle pagine che i media gli dedicano. Il libro ci dice innanzitutto come “la classificazione che per lungo tempo ha differenziato il design dall’eco-design non ha più significato”. È la storia del design che lo testimonia, attraverso i numerosi progetti che nel corso dei decenni sono stati realizzati rispettando criteri di sostenibilità. Oggi più che in passato però la sostenibilità è elemento imprescindibile del design, strumento necessario per qualsiasi progetto. Principi teorici certo, ma in questo libro c’è anche molta concretezza e soprattutto molti suggerimenti per capire di cosa parliamo quando parliamo di design sostenibile o eco-design.

Cosa si intende per design sostenibile?

Mi rendo conto che è un po’ lapidaria come affermazione ma in questo momento storico il design sostenibile non è altro che un buon progetto di design. Non rispettare certi criteri di sostenibilità, ideare senza tener conto del problema ambientale e della crescente sensibilità da parte della gente, significa agire fuori dal tempo e, anche in termini strettamente commerciali, non avere mercato. Le stesse aziende oggi si rendono conto di quanto la sostenibilità sia per loro un’opportunità da sfruttare: basti pensare alla possibilità di minimizzare i costi delle risorse oppure alle occasioni di innovazione che la sostenibilità promuove.

Nasce prima un comportamento responsabile o un oggetto sostenibile?

Le due cose si muovono contemporaneamente. La presenza di oggetti che comunicano sostenibilità suggerisce comportamenti più responsabili, ma è altrettanto vero che un oggetto entra nelle nostre vite nel momento in cui c’è una certa sensibilità ad accoglierlo e agisce come agevolatore di quel comportamento.

Come capire se un oggetto è sostenibile o meno?

La proliferazione d’uso di questo termine genera notevole confusione. Le stesse certificazioni, Ecolabel per esempio, per quanto dettagliate, danno esclusivamente conto delle caratteristiche qualitative di un oggetto; ma un oggetto può anche essere non perfettamente conforme ai criteri ed essere usato per cinquant’anni: la sua sostenibilità a quel punto sarà data dal tempo d’uso e non dalle sue caratteristiche. In questo senso è importante conoscere le proprie abitudini di consumo ma soprattutto informarsi ed essere critici nei confronti delle scelte che facciamo.

Tra i criteri che contraddistinguono un progetto sostenibile – riduzione/riciclo riuso/montaggio smontaggio autocostruzione/ flessibilità/ tecnologia/ materia – quale secondo lei è quello che chiunque è in grado di applicare alle proprie azioni quotidiane?

Io lo chiamo design per componenti ma rientra in quell’area che ho definito flessibilità. Il principio sta nel fatto di non pensare che gli oggetti siano dei dispositivi chiusi. Per esempio una cucina o il pc non sono un pezzo unico ma sono costituiti da tanti componenti e anche se un pezzo si rompe non è detto che si debba per forza cambiare tutto. Un po’ come accadeva per i vecchi stereo dove spesso le casse, il mangianastri e il piatto per il vinile provenivano da acquisti diversi, allo stesso modo dobbiamo immaginare che sia possibile sostituire i pezzi di un pc e aggiornarlo senza necessariamente buttare il precedente per averne una versione più nuova.

la lavatrice biologic

Quali tra i progetti ancora prototipo che sono presentati ritroveremo effettivamente nelle nostre case in futuro?

Sicuramente l’Eco-frigo. Qui il problema del calore prodotto dal frigo viene risolto attraverso un sistema che consente di incanalare quel calore all’interno di una serra posta accanto al frigo stesso. Un altro progetto interessante è la lavatrice Biologic dove la presenza di alcune piante sulla superficie della lavatrice consente un passaggio di purificazione dell’acqua prima di essere riutilizzata per un altro lavaggio. Qui, oltre all’innovazione tecnologica, si può notare anche una nuova proposta estetica intorno all’oggetto lavatrice che lo rende particolarmente interessante.

Non dimentichiamo poi che ci sono molti progetti che appartengono alla storia del design e che, specie in questo momento, possono tornare ad essere estremamente attuali. Burda per esempio è uno di questi: da molti anni le pagine di questo giornale mettono a disposizione cartamodelli con i quali realizzare abiti in casa. Un modo semplice per riappropriarsi di alcune manualità e perché no, per risparmiare. In un certo senso Burda contiene in sé anche un principio, quello del coinvolgimento, che è considerato indispensabile se vogliamo che i cittadini diventino veramente parte integrante del percorso di passaggio ad un mondo più sostenibile.

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