Un allevamento dove uomini e animali hanno gli stessi diritti, in cui entrambe traggono vantaggi dalla vita e dal lavoro dell'altro, dove nessuno ha il potere decisionale di vita o di morte su un altro essere. È utopia? No: è un progetto reale, portato avanti da un ex allevatore quarantenne, diventato vegetariano da circa 4 anni. GreenMe.it lo ha raggiunto a Cavour, in Provincia di Torino, dove si trova la sua "Farm serenity Cow"
Un allevamento dove uomini e animali hanno gli stessi diritti, in cui entrambe traggono vantaggi dalla vita e dal lavoro dell’altro, dove nessuno ha il potere decisionale di vita o di morte su un altro essere. È utopia? No: è un progetto reale, portato avanti da un ex allevatore quarantenne, diventato vegetariano da circa 4 anni.
Si chiama Fabrizio Bonetto e ha convertito il suo allevamento di vacche di razza piemontese in azienda agricola orientata alla produzione di frutta e verdura, dimostrando che è possibile essere allevatore o agricoltore senza per forza dover trasformare gli animali in prodotti. GreenMe.it lo ha raggiunto a Cavour, in Provincia di Torino, dove si trova la sua “Farm serenity Cow”.
Partiamo dall’inizio, quindi dalla tua scelta di diventare vegetariano. Come ci sei arrivato?
Bella domanda! Frequentare amici vegetariani e vegani mi ha sicuramente aiutato, ma devi avere anche la fortuna di conoscere le persone giuste. Il cambio di alimentazione è un passo importante: non si tratta di rinunciare o meno a certi cibi, ma di riconsiderare quelli che sono gli alimenti e quelli che, invece, sono gli animali. La nostra cultura ce li ha sempre proposti nel piatto, è normale quindi che ci su ritrovi a mangiare carne e pesce. Io, però, ora vedo gli animali per quello che sono realmente: esseri capaci di provare emozioni, gioia, dolore e sofferenze, proprio come noi. Semplicemente nella mia testa non li considero più alimenti e, a dire il vero, mi chiedo spesso perché ci abbia messo così tanto a rendermi conto che non ha davvero senso pensare a loro come a qualcosa che nasce per essere macellato. Nessuno essere dovrebbe nascere per essere ucciso! Penso che la cosa che più spaventa le persone è il mettersi in discussione, riconsiderare il fatto che quello che sino a ieri ritenevi fosse giusto e normale non lo è. È una scelta che consiglio a tutti: se non lo volete fare per gli animali, fatelo per voi stessi! Ci guadagnerete sicuramente in salute!
In che cosa consiste il tuo progetto?
In realtà il suo scopo principale è cercare di salvare le mucche dal macello. Non so se ci riusciremo, mantenere le mucche in vita senza sfruttarle non è davvero facile, ma sono passati due anni e la Farm Serenity è ancora una realtà, quindi restiamo ottimisti! Di progetti ne stiamo portando avanti parecchi: abbiamo ottenuto il riconoscimento di fattoria didattica e cerchiamo, attraverso questo strumento, di fare conoscere gli animali della fattoria “al di fuori del piatto”, anche alle fasce più giovani. Stiamo ridisegnando il contesto di fattoria, cercando nel nostro piccolo di rinaturalizzare gli appezzamenti che coltiviamo, mettendo a dimora siepi campestri, abbandonando la monocoltura e adottando i principi dell’agricoltura biologica e in parte di quella biodinamica.
Che cosa hanno di particolare i tuoi prodotti?
Le nostre verdure sono ottenute semplicemente coltivando la terra con sistemi naturali, non utilizziamo concimi chimici, fitofarmaci o altre porcherie simili, abbiamo adottato i vecchi saperi della tradizione contadina, i macerati di erbe, il sovescio, la pacciamatura,. Nn abbiamo scoperto nulla! Le nostre verdure hanno di particolare solo il fatto che le persone al giorno d’oggi trovano “particolare” quello che è naturale e normale quello che in realtà è coltivato con veleni. Questo dovrebbe farci riflettere.
E perché parli di mucche “da cacca”?
Chimiamo scherzosamente “cow poop” le mucche che abbiamo scelto di non destinare a macello, quando nel 2011 abbiamo chiuso l’allevamento dei vitelli da carne. Ora ci aiutano producendo dell’ottimo letame bio attraverso la loro cacca, che utilizziamo per nutrire i terreni che coltiviamo. Ci permettono, così, di non utilizzare concimi chimici.
Qualche curiosità per i nostri lettori sulle tue mucche felici che non andranno al macello?
Dovremmo avere una settimana a disposizione per descrivere le nostre mucche, un mese per i cavalli e un altro mese almeno per descrivere i restanti animali che gironzolano per l’aia. Faccio prima a invitare chi vuole conoscerle a venirle a trovare di persona! (N.d.r.: per informazioni clicca qui).
Chi è che vi viene a trovare solitamente?
Principalmente i nostri clienti, che vengono ad acquistare direttamente in azienda. Li accompagniamo volentieri nell’orto e, talvolta, raccolgono loro stessi la verdura che comprano. E poi, grazie al tam tam, vengono spesso anche gruppi di animalisti, vegetariani e vegani. A questi ultimi teniamo di spiegare che ci sono ancora molte cose da migliorare e mettere in discussione: se non siamo attenti negli acquisti anche dietro il percorso di una testa di insalata o di una carota, possiamo contribuire negativamente non solo all’impatto ambientali, ma anche alle sofferenze per gli animali. I diserbanti e i pesticidi usati nelle coltivazioni intensive di ortaggi (quelli che spesso troviamo in commercio) mietono una strage silenziosa, e spesso sconosciuta, di insetti, uccelli e animali selvatici. Sono animali che non passano certo per il mattatoio, ma che muoiono comunque. Sta a informarci e preferire un prodotto più naturale al posto di un altro e riavvicinarci ad un’agricoltura più consapevole.
Ma la tua impresa ha risentito a livello economico di questa trasformazione?
Tasto dolente… Purtroppo pensare di intraprendere questo percorso senza rimetterci economicamente non era davvero possibile. Quindi, sì, l’impresa ne ha risentito a livello economico, ma ce lo aspettavamo. La mancanza di liquidità è in effetti sempre un grosso problema , ma lo è, in realtà, per tutte le aziende agricole in questo periodo. Io continuo a sforzarmi di vedere il bicchiere mezzo pieno, anche se ho il fienile mezzo vuoto!. Le mucche, si sa, sono animali pascolatori e mangiano parecchio. Le nostre “cow poop” hanno superato tutte la soglia dei dieci anni di età (una mucca negli allevamenti vive 5-6 anni massimo). Qualcuna ci ha già salutato e negli anni la spesa per il loro mantenimento si ridurrà, ma il vederle invecchiare serenamente ci ripaga certamente dello sforzo economico che sosteniamo.
Cosa diresti agli allevatori che sfruttano gli animali?
C’è purtroppo poco da dire. Le persone che fanno questo lavoro sono convinte del loro operato, che portano avanti con passione. Quando sei un allevatore vedi gli animali che allevi solo come un prodotto, come accade con il pane per il panettiere. Anche io fino a pochi anni fa la vedevo allo stesso modo e rifiutavo gli stimoli che ricevevo dall’esterno da amici animalisti e vegetariani. Ognuno ha i suoi tempi. Ma gli allevatori seguono il mercato: se chiede carne, loro producono animali da carne. Io credo che non siano gli allevatori quelli da convincere a cambiare strada, ma i consumatori.
Roberta Ragni
LEGGI ANCHE:
Masami Yoshizawa e il suo santuario per le mucche dimenticate di Fukushima (VIDEO)