Recuperare: come trasformare un buon proposito in business. Il caso della Compagnia di finanza etica

Erano gli anni '90 e Obama era ben lontano dalla candidatura che lo avrebbe portato a diventare presidente degli Stati Uniti d'America, la crisi non aveva ancora sfiorato i mercati internazionali e l'ambiente era argomento da meteo o poco più. In questo contesto, un piccolo gruppo di imprenditori franco-piemontesi volle vederci lungo e iniziò un percorso imprenditoriale che da vent'anni a questa parte si colloca lungo la scia del green business e del motto Make money save the planet.

Green economy. Green Jobs. Energie rinnovabili, prodotti biologici, commercio equo & solidale, finanza etica: l’economia verde, da argomento di nicchia caratterizzato da gerghi di settore e riservato a pochi visionari amanti della natura, è diventato l’oggetto del dibattito politico-culturale e soprattutto economico degli ultimi anni. 10 miliardi di euro è l’ammontare del giro d’affari legato al business verde stimato da Eurispes nel Rapporto annuale 2010 sulle attività produttive presenti sul territorio italiano. Buone cifre che evidenziano come anche il nostro paese, seppure con lentezza e difficoltà, stia scoprendo le opportunità di sviluppo che l’attenzione nei confronti dell’ambiente può comportare.

Le realtà che alimentano questo neonato settore economico sono spesso frutto di intelligenti riconversioni industriali, altre volte sono aziende che sulla scia delle nuove esigenze del mercato hanno trovato la loro collocazione, altre volte ancora sono il prodotto della lungimiranza di uomini illuminati. È quest’ultimo il caso della Compagnia di finanza etica, un gruppo industriale attivo sul territorio piemontese che da vent’anni ragiona e promuove progetti e attività produttive con finalità ecosostenibili.

Per farci raccontare che cosa significa fare green economy da così tanto tempo, abbiamo incontrato Francesco Blotto, responsabile comunicazione di Keoproject la società di progettazione del gruppo.

Raccontare l’intricato mondo che sta dietro l’ acronimo u&f non è facile, ma una frase ci colpisce: “il concetto di recupero è per noi l’equivalente della pasta per la Barilla: è il nostro core business, ciò attorno al quale costruiamo i nostri progetti. E la logica con cui lo affrontiamo è quello di esplorarne le potenzialità sotto tutti i punti di vista.

Erano gli anni ’90 e Obama era ben lontano dalla candidatura che lo avrebbe portato a diventare presidente degli Stati Uniti d’America, la crisi non aveva ancora sfiorato i mercati internazionali e l’ambiente era argomento da meteo o poco più. In questo contesto, un piccolo gruppo di imprenditori franco-piemontesi volle vederci lungo e iniziò un percorso imprenditoriale che da vent’anni a questa parte si colloca lungo la scia del green business e del motto “Make money save the planet“.

Comune a tutti gli imprenditori era una grande competenza sul fronte delle materie plastiche. Un settore che fino a quel momento non aveva visto crisi e che poteva continuare a dare grandi soddisfazioni. A volte il ruolo dell’imprenditore però è anche quello di sovvertire l’ordine delle cose per generare nuove idee. E allora la plastica, da materia prodotta è diventata risorsa produttiva.

U&F, la società creata ad hoc per portare avanti le nuove attività di questo gruppo di uomini ha avuto inizio da un’opportunità. Dal recupero della plastica. Ragionando sui problemi del consumo, dello spreco e delle materie prime. Cercando di trovare soluzioni che non fossero solo teorie di ordine globale ma che ragionassero su un principio di realizzabilità e di opportunità locale.

Erano i primi anni del nuovo secolo quando nacque Mr Pet un sistema di raccolta della plastica che si basa sulla remunerazione dell’utente. Mr Pet è un contenitore interattivo dove si inseriscono le bottiglie di plastica in cambio di “punti – amici dell’ambiente”. L’inserimento avviene tramite la Mr Pet Card, una carta – fedeltà che, premiando la raccolta differenziata delle bottiglie in PET con dei “punti”, restituisce al cittadino lo sforzo in cambio di buoni sconto nei supermercati di fronte ai quali Mr Pet è solito trovarsi.

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In un’ottica di creazione di un sistema produttivo chiuso e autarchico, dal semplice recupero della plastica si è passati a progettare anche la fase di riciclo, sfociato qualche anno più tardi in Eko logic Shop to Shop, i carrelli interamente realizzati con plastica riciclata, trasparenti e leggeri.

carrello

“Da cosa nasce cosa” diceva Bruno Munari. Sembra essere stato questo il principio con cui questo gruppo imprenditoriale ha affrontato il mercato in questi anni. Mantenendo coerente il principio etico e l’orientamento alla sostenibilità dell’azienda, l’attività ha cominciato a inglobare il concetto di recupero in modo sempre più ampio e sfaccettato: ne è testimonianza la scelta di ampliare il range di materie prime da cui creare nuovi progetti. Se la plastica rischia infatti ogni giorno di più di soffocare i mari e i fiumi, non meno grave è il problema di come non disperdere altri materiali di cui gli oggetti che quotidianamente buttiamo sono fatti. Da queste riflessioni sono nati i progetti Cartona che propone sedie realizzate in cartone e Le sedie del Torchio realizzate con il legno delle botti di barrique in cui è stato fatto fermentare il vino.

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Difficile confinare le operazioni nate dalla Compagnia di finanza etica ad una logica produttiva votata unicamente al prodotto. Piuttosto qui il prodotto è la variabile che cambia attorno ad una filosofia aziendale ferrea ma in continua evoluzione. I risultati ci sono e lo dicono i numeri. Mr Pet è diffuso nei supermercati di Piemonte, Valle d’Aosta e Sardegna. Eko logic Shop to Shop è diffuso in Europa e Brasile. Anche la green economy del resto si misura con i risultati di bilancio. Ma non è necessariamente questo l’obiettivo della società che forse sarebbe meglio definire laboratorio.

L’ultima idea saltata fuori dal cappello magico è la costruzione di un’Accademia del Recupero che si chiamerà Re-academy e avrà sede a Bra accanto alla più nota Università di Scienze gastronomiche nata in collaborazione con Slow Food. Nelle concrete aspirazioni di questo progetto c’è quello di diventare un centro riconosciuto per l’insegnamento, la condivisione e la produzione. Un ponte tra università e aziende al fine di diffondere l’informazione sulla cultura e le tecnologie del riciclo e un incubatore di progetti di aziende, capace di dialogare con il territorio.

Dalla produzione alla didattica, dal business alla cooperazione … che fare green economy rappresenti anche un nuovo modo di fare economia?

Pamela Pelatelli

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